Ugo
Piazza esce da San Vittore grazie a un’amnistia e subito viene
avvicinato dagli uomini de L’Americano, boss mafioso trapiantato a
Milano, per cui lavorava. Ugo è accusato di aver fregato al boss
300mila dollari durante un passaggio di mani dei soldi, avvenuto tre
anni prima. Nonostante Ugo neghi fermamente di aver fregato
L’Americano, gli scagnozzi del boss non lo mollano un attimo e non
perdono tempo per fargli sentire il fiato sul collo in tutte le
maniere. Inoltre Ugo Piazza è tallonato dalla polizia che punta
all’Americano e da un individuo misterioso del quale vediamo solo
che indossa una giacca rossa. Ma Ugo è un tipo tosto, non molla.
Torna dall’amante, una ballerina da night e si riavvicina all’amico
Chino, un killer siciliano. Nel frattempo viene ingaggiato nuovamente
dall’Americano con l’intento di tenerlo sott’occhio, ma gli
eventi crollano vertiginosamente fino ad arrivare a un imprevedibile
e tragico finale.
Milano
calibro 9, ispirato ai racconti di Giorgio Scerbanenco, non è propriamente un poliziottesco anche se viene spesso
inserito in quel genere. E' un noir in piena regola e fuori dagli
schemi come lo sono un po’ tutti i film di Fernando Di Leo.
Da
urlo il cast con un ottimo Gastone Moschin nella parte di Ugo Piazza,
Mario Adorf, sempre sopra le righe, braccio destro dell’Americano,
Barbara Bouchet nella parte della ballerina amante di Ugo e Philippe
Leroy nei panni del killer Chino.
Ottima
la colonna sonora firmata da Luis Bacalov e dal gruppo progressista
italiano degli Osanna. Sceneggiatura di ferro scritta dallo stesso
Fernando Di Leo. Sorprendente per alcuni spunti e temi. Un esempio è
la discussione fra il commissario di polizia e il suo vice che
affrontano problemi che abbiamo tutt'oggi come quello del
sovraffollamento delle carceri e sulla condizione in cui vivono i detenuti.
Capolavoro del noir italiano. Da vedere assolutamente.
Il trailer del film
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